Siamo ancora (forse) troppo legati al ricordo dell’originario PCI (Partito Comunista Italiano, per chi avesse dimenticato anche il significato della sigla), quel PCI fatto dai Togliatti e dai Berlinguer, quel PCI strettamente legato all’Unione Sovietica e ai metodi stalinisti, per comprendere pienamente la profonda trasformazione che “quel” partito ha avuto nel corso degli ultimi decenni e, soprattutto, nel corso degli ultimi anni. Lo diciamo con franchezza: a tutt’oggi non comprendiamo il “fenomeno Renzi”. E’ un nostro limite, lo ammettiamo. Certo non condividiamo i Vendola e quanti sostengono di essere gli eredi di Marx e di Lenin: i tempi (già nel senso temporale) sono diversi, diverse sono le persone e i protagonisti della vita politica italiana (e internazionale), ma tutto ciò ci ha reso poco comprensibile la scelta che ha fatto il premier dell’Uomo (ineccepibile sotto ogni punto di vista) che avrebbe dovuto rappresentare l’Italia per i prossimi sette anni. Renzi che si è autonominato “rottamatore” del passato (e questa funzione l’ha esercitata anche all’interno del suo partito), ha fatto riferimento a un politico della Prima Repubblica, quella tanto vituperata, nato e cresciuto all’interno di una radicata tradizione politica, quella della Democrazia Cristiana, da sempre osteggiata (anche nelle sue filiazioni moderne) da tutte le compagini di Sinistra.
Certo, Matteo Renzi avrà avuto le sue buone ragioni per questa scelta, ma non si può ritenere rispondente alla realtà – come molti sostengono – che la scelta di Sergio Mattarella sia derivata dal fatto che sia stato con coerenza infinita un anti berlusconiano. Questa spiegazione non regge, perché ora Sergio Mattarella Presidente della Repubblica Italiana, rappresenta anche Berlusconi e tutto il suo seguito, e quindi il suo comportamento sarà sicuramente consequenziale.
Ma a ben rifletterci, la scelta di Renzi di un politico che viene da lontano (non solo geograficamente parlando), da quella Prima Repubblica che (volenti o nolenti i denigratori) vantava fior di personaggi d’alto calibro, che “politica” facevano, è scaturita dalla considerazione che nell’attuale momento storico era indispensabile tornare alle radici, per potere iniziare un nuovo percorso. Se non c’è passato, infatti, non c’è presente, e quindi non c’è futuro. Se si osservano i recenti avvenimenti con quest’ottica, la spiegazione è sotto gli occhi di tutti, a anche a noi le cose appaiono più chiare: c’era bisogno di Sergio Mattarella. Chissà quanti fra i 665 elettori che hanno votato Mattarella hanno fatto questa considerazione, e non l’hanno ritenuta una imposizione.
Non si presentano facili al neo Presidente della Repubblica i suoi prossimi sette anni: Sergio Mattarella conosce la situazione in cui versa il Paese, conosce le difficoltà che lo attendono per tenere unita un’Italia frammentata e attraversata da mille veleni. Dovrà rispondere a mille e mille aspettative, anche quelle che provengono dalla sua Terra d’origine, la Sicilia. Noi auguriamo al Capo dello Stato “Buon lavoro” e gli diciamo “Coraggio! Non deluda gli italiani e…i Siciliani”.